sabato 3 ottobre 2009

VIA BEATRICE CENCI


Via Beatrice Cenci

Patricidio
Beatrice figlia del conte Francesco nacque nel tetro pal.Cenci; vittima delle dissolutezze paterne; d'accordo con quei di sua famiglia lo fece uccidere.
Clemente VIII la fece decapitare a 24 anni a P. di ponte S.Angelo l'11 Settembre 1599, dopo essere stata in prigione a Corte Savella; venne sepolta in S.Pietro in Montorio.
I beni di questa famiglia, compresa parte della villa, poi detta Borghese, furono incamerati e da Paolo V donati alla propria famiglia.
Chiesa di S.Tommaso dei Cenci, già detta S.Tommaso a Capo Mole o de Monte Mola per la sua vicinanza alle mole tiberine ed anche S.Tommaso Fraternitatis, per essere stata la sede del "Caput Romanae fraternitatis".
Oggi appartiene all Confraternita dei vetturini, ed ogni anno, nell'anniversario della morte di Beatrice, viene detta una messa in suffragio dell'anima sua.
Quì venne seppellito Giacomo Cenci, anche lui giustiziato per l'uccisione del padre in complicità con Beatrice.

I dettagli dell'omicidio
Il delitto fu commesso nel castello di Petrella Salto, in provicncia di Rieti, per istigazione della figlia Beatrice e con la connivenza degli altri due figli e della moglie Lucrezia.
Francesco Cenci era un uomo violento e malvagio. Costretto a sborsare un'ammenda di centomila scudi per "vizio nefando", decise di ridurre le spese e di ritirarsi nel castello della Petrella, preso in affitto dai Colonna.
Qui visse dunque con la moglie Lucrezia, sposata in seconde nozze, e con i figli Giacomo, Beatrice e Bernardo. Come avrebbe detto poi Beatrice durante il processo, Francesco brutalizzava moglie e figli e infieriva soprattutto contro Beatrice, che prendeva a nerbate e tentò persino di violentarle.
Incapace di tollerare più a lungo, Beatrice decide di porre fine alle sevizie; d'accordo con i familiari, si concede al castellano della Petrella, convincendolo a commettere il delitto.
Giacomo si reca a Roma e manda l'oppio e la radica rossa che serviranno a addormentare profondamente Francesco. Olimpo Calvetti, il castellano, e un sicario da lui assoldato, Marzio Catalano, vibreranno il colpo mortale. Il 9 settembre 1598, infatti, i due entrano nella camera di Francesco e lo finiscono a martellate.
Gettato il cadavere dalle mura, i congiurati tentano poi di far credere che Francesco sia caduto per disgrazia; ma gli inquirenti non si lasciano convincere e arrestano tutti i Cenci e Marzio Catalano.
Il Calvetti riesce a eclissarsi, ma Giacomo, consigliato anche da un parente, monsignor Guerra, lo fa raggiungere e tacere per sempre.
Durante gli interrogatori Lucrezia nega qualunque addebito e giunge al punto di non dire nemmeno il proprio nome, Giacomo accusa gli altri; solo Beatrice tiene testa agli accusatori, rispondendo con sarcasmo e negando tutto.
Infine i Cenci sono condannati: Lucrezia e Beatrice alla decapitazione, Giacomo a essere attanagliato e poi percosso in testa con un magio fino alla morte.
A Bernardo, in considerazione della giovane età, si fa grazia della vita, ma è condannato ad assistere alle esecuzioni dei suoi parenti e complici e alla galera a vita.
Inoltre, la grazia gli viene comunicata con ritardo: per pura e semplice crudeltà, osservano esperti di procedura del tempo.

Grazia mancata
Papa Clemente VIII pareva disposto ad usare clemenza verso la famiglia Cenci, condiserando il turpe carattere di Francesco, quando gli venne data notizia di un matricidio:
Paolo Santacroce aveva ucciso a Subiaco, con un pugnale, la madre, principessa di Santacroce.
Una lettera scritta da Paolo al fratello maggiore Onofrio rivela che Paolo accusava presso il fratello la pessima condotta della madre, che sarebbe stata incinta.
In realtà la povera donna era idropica e l'unica colpa sua consisteva nell'aver negato a Paolo tutte le sue ricchezze in eredità. Avuto il permesso dal fratello di lavare l'onta familiare, Paolo Santacroce aveva spacciato la madre.
Da tale turpe crimine fu talmente indisposto papa Clemente, che scacciò dal cuore ogni indulgenza e condannò a morte i Cenci.

Cippo sepolcrale romano
Nella piazzetta davanti la Chiesa, ci sono due marmi antichi: l'uno, fra le due porte della chiesa, è un'ara ornata di grifi e superiormente incavata, l'altro nella casetta contigua un cippo sepolcrale romano, dedicato a Caio Cincio Saliandro, dai figli Marciano, Tanuario, Severo ed Eradanio, cui Cristoforo padre di Francesco Cenci diceva di risalire!
"Ma il popolo sdegnoso di tanta vanteria, mentre dice, che l'ara è l'acquasantiera della bella Cencia, maligna che l'altro sia un marmo, che il malvagio ed eretico Francesco pose sulla carogna di un suo cane, dopo averla interrata in luogo sacro" (C.Ricci)

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